La formazione della Nazionale 2017
Neanche il ritorno, dopo due lunghe ed estenuanti settimane, della Serie A è minimamente riuscito a far smaltire la cocente delusione causata dal mancato approdo dell’Italia ai prossimi Mondiali. D’altronde si sa, le sconfitte fanno sempre rumore e quelle storiche sono particolarmente fragorose.
Qualche curiosità per far capire l’entità del naufragio di questo progetto: l’Italia non mancava ad un campionato del mondo dal lontano 1958, ovvero ben 61 anni fa; saremo, inoltre, l’unica Nazionale vincitrice di un Mondiale a non prendere parte alla prossima edizione.
Siamo arrivati, inutile girarci intorno, al punto più basso della nostra gloriosa storia calcistica e fa male ricordare che neanche 12 anni fa, a Berlino, eravamo arrivati a toccare il cielo con un dito, alzando la Coppa.
Le sconfitte sono sempre frutto di errori collettivi e non è giusto nè deontologicamente corretto ricercare forzatamente l’untore, il capro espiatorio a cui consegnare l’onta di dover, in qualche modo, dare delle spiegazioni. Dispiace notare, a questo proposito, come proprio il Presidente

Federale Carlo Tavecchio sia stato invece il primo a scaricare tutte le responsabilità su un allenatore a cui lui stesso ha scelto di affidare le chiavi della panchina azzurra; che sia un tentativo di legarsi ancor più saldamente ad una poltrona dalla quale non ha alcuna intenzione di scendere? Sono domande che, una volta raschiato il fondo del barile, è giusto porsi.
Il comportamento di Tavecchio ha legittimato, per certi versi, l’ostruzionismo di Giampiero Ventura nell’abbandonare la panchina della Nazionale: perchè arrendersi a rassegnare le dimissioni e a chiedere scusa quando proprio chi ti ha voluto, ti ha pensato e scelto come guida tecnica dell’Italia non si presenta neppure a spalleggiarti durante la conferenza stampa post-debacle? Tanto vale pretendere gli ultimi mesi di stipendio e uscire dalla porta sul retro.
È palese, tuttavia, che l’allenatore abbia responsabilità evidenti; anche perché, si sa, quando la nave affonda è in primis il capitano a doversene assumere le colpe: il calcio è uno
sport che non perdona nulla a chi lo gioca, figuriamoci a chi i giocatori li allena. Di Ventura non hanno convinto diversi aspetti: troppo legato a un credo tattico ben preciso per essere un efficace selezionatore, l’ormai ex commissario tecnico si è dimostrato lacunoso anche sul piano della gestione del gruppo. Ben prima, intendiamoci, della fantomatica sconfitta di Madrid con la Spagna.
Il rapporto coi senatori dello spogliatoio era logoro e i colloqui accesi durante i playoff con la

Svezia (che hanno toccato punti essenziali del lavoro di un mister, come lo stesso schieramento tattico della squadra) ne sono la dimostrazione. Un vaso traboccato, goccia dopo goccia, con la cocente eliminazione di lunedì scorso; francamente, non c’è poi da sorprendersi più di tanto.
Sui giocatori c’è da fare un discorso a parte: non sarà la selezione più forte che il nostro calcio abbia mai offerto, ma questa squadra di qualità ne aveva. Certamente molto più della Svezia. E’ evidente come sia emerso che alcuni giocatori, tra cui anche chi in futuro dovrebbe diventare un pilastro di questa Nazionale, offrano un rendimento adeguato solamente in condizioni ben precise. La squadra aveva limiti tecnici evidenti, come ancor più lampanti erano i buchi in alcune zone del campo: basti pensare che questa Nazionale non aveva terzini sinistri e che da quella parte ci ha giocato Darmian, un destro naturale che si è trovato, ahi lui, impossibilitato a crossare.
A chi è sceso in campo, tuttavia, ci sentiamo di dare le minori reponsabilità: a livello di impegno e abnegazione l’Italia è stata esemplare, provandoci fino all’ultimo con tutte le (ben poche, a dire il vero) energie e qualità a disposizione.
Il quadro complessivo è, francamente, deprimente.

Una Nazionale fuori dal Mondiale, senza più il suo nucleo storico e senza una guida tecnica volenterosa di ricostruire dalle macerie di questa disfatta (storia recente il rifiuto di un grandissimo come Carlo Ancelotti a sedere sulla panchina azzurra). Un anno 0 che, forse, era fisiologico ed andava magari previsto, preparato ed affrontato con idee ben precise che, purtroppo, chi di dovere non è stato in grado di mettere sul piatto.
Ripartiremo? Sì, senza dubbio. A preoccupare è il tempo da trascorrere nel limbo prima di tornare grandi. Sarebbe stato lecito aspettarsi una rivoluzione, uno scossone che invece, in pieno stile italiano, non arriverà.
Vedremo se chi ha condotto anche solo indirettamente questa Nazionale a raschiare il fondo del barile avrà la forza e la bravura di ricondurla dove merita. Noi, francamente, qualche dubbio ci sentiamo ancora di nutrirlo.